Affittacamere ‘Le Rose’

Raramente mi muovo con i mezzi pubblici.
Pur sapendo che non è certo un vanto potrei addurre, in mia difesa, prove che attestano la mia assoluta necessità di farlo.
I casi in cui devo abbandonare questa mia malsana abitudine sono rari e sempre determinati da forze di causa maggiore: come, ad esempio, un’ inquietante chiave inglese giallognola mai vista prima che, improvvisamente, si accende sul quadro elettrico dell’auto fissandomi minacciosa, accompagnata dalla scritta intimidatoria ‘service non disponibile’

Cosaaaaaa? ‘Scendi’? ‘Dai lasciamela’? Ora? Così?

Presa dal panico, mi getto vorace sul libretto di istruzioni sfogliandolo avanti e indietro freneticamente in ogni sua singola pagina ed appendice alla disperata ricerca di qualche frase rassicurante su quella spia luminosa che mi consenta così di prendere tempo e non mollare il mio mezzo di locomozione. E infatti la mattina seguente, avvilita, mi reco da R il mio paziente meccanico di fiducia … trascinandomi di malavoglia con il mio carico di mestizia sulle spalle per non essere riuscita a risolvere il problema secondo le mie consuete modalità: ovvero dare una bottarella qui, una lì, una al quadro elettrico o spegnendo e riaccendendo l’auto nella speranza che quella ‘cosa’ sparisca da sola!

“Ciao FFDN, come stai? Che hai combinato questa volta?”
“No no … ha fatto tutto da sola … guarda qui” e punto l’indice accusatorio contro quella lucetta immonda con la stessa determinazione e acrimonia che hanno i bambini dell’asilo quando devono dare la colpa a qualcuno ‘ Maestra è stato luiiii!’.
“Quant’è che non fai il tagliando?”
“L’ho fatto lo scorso anno R … che non ti ricordi?”
“No quella è la revisione … il tagliando è un’altra cosa. Ok dai scendi e lasciamela. Ci lavoro e se riesco stasera te la passi a riprendere”

Cosaaaaaa? ‘Scendi’? ‘Dai lasciamela’? Ora? Così? Su due piedi? Senza preavviso? Senza aver organizzato un piano alternativo per arrivare in ufficio?

Con un carico di mestizia triplo del precedente in aggiunta al carico della borsa e della seconda borsa per documenti (io viaggio sempre leggera) mi trascino sconsolata alla fermata dell’autobus.
Potrei fare un pezzo di strada a piedi, prendere un solo mezzo, camminare poi un altro po’ ed arrivare a destinazione (tempo stimato in condizioni di traffico normale: da 45’ a 60’).

ci sarà il parquet per terra? il marmo? vecchie e stilose mattonelle?

Ma quando sono costretta dalle avversità, di solito, invece che semplificarmi la vita, se posso, me la complico: quindi opto per un pezzo di strada a piedi, un autobus ‘panoramico’, un altro autobus ‘semi-panoramico’ e un altro pezzo di tragitto a piedi (tempo stimato in condizioni di traffico normale: da 60’ a 75’).
Questa seconda opzione, se proprio devo, la preferisco: impiego più tempo, devo fare un cambio di autobus con relativa non quantificabile attesa ma il percorso che soprattutto la prima linea di bus segue è meno diretta, meno battuta … insomma più panoramica!
Se proprio devo abbandonare le mie comodità che almeno ne beneficino gli occhi!

E così, sia durante il tragitto di andata che di ritorno, rilassata dal non dover prestare attenzione alla guida, guardo avidamente ogni singola cosa, ogni palazzo, ogni appartamento, ogni serranda socchiusa, ogni tenda mezza tirata, ogni coorte interna a vecchi palazzi e provo ad immaginare come potrebbe essere la vita là dentro, come potrebbero essere arredate le case, ci sarà il parquet per terra? il marmo? vecchie e stilose mattonelle? e lì da quell’appartamento al piano più alto la vista dovrebbe essere magnifica! chi ci abiterà in quello là? forse due persone anziane ormai … sembra un po’ trascurato però se fosse rimesso a posto dovrebbe essere bellissimo! E così via!

C’è poi un punto in cui, da sempre, tutte queste immagini idilliache si interrompono bruscamente; non che si sgretolino come un castello di sabbia sulla riva del mare quando qualche malato di fitness allegramente lo calpesta preso dal suo chilometraggio giornaliero ma indubbiamente cambiano colore: dal rosa tenue, quasi antico e delicato, velocemente passano al fucsia rock e al rosso carmigno.

Ad un certo punto del tragitto in un palazzone di dimensioni piuttosto importanti e in una zona anche piuttosto centrale (non bellissima, ma turisticamente buona), al primo piano (quello subito sopra i negozi per intenderci) campeggia un cartellone dalla fattura obsoleta: ‘Affittacamere Le Rose’.

squallide liason impiegatizie ‘a tempo’ durante la pausa pranzo

E’ una frazione di secondo e nella mia testa dalle sfumature del rosa si passa a quelle del rosso con qualche goccia di nero.
Dietro quelle serrande quasi sempre abbasate o cocchiuse e un po’ scolorite, immagino stanze pulite ma tristemente essenziali, letti coperti da biancheria dalle tinte forti, servizi minimali, luci quasi claustrofobiche.
Chi mai affitterebbe una camera qui? Forse perduti amanti clandestini che si ritagliano qualche ora per loro, o qualche coppia giovane che vive il suo primo amore … mmm … no troppo rosa!
Senza un preciso perchè e con un personale grande sgomento la mia immaginazione fino a quel momento ‘disneyana’ vira sbruscamente verso scenari più desolatamente pruriginosi: colleghi di lavoro dei tanti uffici presenti in zona che consumano qui squallide liason impiegatizie ‘a tempo’ durante la pausa pranzo, persone sole e trascurate che cercano una poco disinteressata compagnia almeno per qualche ora … e altre supposizioni che tralascio di scrivere!

… il ricordo del mitico ‘Cactus Hotel’

Perchè mai questa sensazione così strana? In fondo è un edificio qualsiasi che guardo dal finestrino di un autobus che prendo raramente, non ho elementi oggettivi che avvalorino queste mie bizzarre fantasie.

… forse il problema è proprio e tutto lì, in quella parola ‘affittacamere’

Ma quest’ultima volta voglio andare fino in fondo: prendo il cellulare ed inizio a cercare informazioni. Quelle poche foto che ci sono non si allontanano molto da quello che mi ero immaginata: vedo camere quantomeno ordinarie, con elementi di arredo essenziali, i colori che prevalgono sono quelli del fucsia, del rosa acceso, del rosso. Viene descritto come un ‘B&B’ di 5 camere, ciascuna con bagno privato (perchè specificarlo? Lo darei per scontato!) e climatizzatore, adatto a famiglie, situato in ottima posizione per mete turistiche. Valutazione buona e prezzi decisamente accessibili.
Tutto molto dignitoso. Niente lascia pensare un bel niente di quel che mi passa per la mente ogni volta che leggo quel cartello ‘Affittacamere …’.
Già! Forse il problema è proprio e tutto lì, in quella parola ‘affittacamere’, ormai così desueta, così poco inglese e molto italiana, quasi provinciale, con un eco polveroso che rimanda tanto al Motel della provincia americana dei tempi del vecchio West.
Mentre l’autobus prosegue, mi perdo nelle mie riflessioni: forse in me quel frame solletica il ricordo del mitico ‘Cactus Hotel’, un afficamere (appunto) squallidissimo con un’insegna al neon verdognola e gialla e un cactus (sempre in neon) ad abbellirla, moquette blu ovunque, pareti tinteggiate di scuro, letti con reti e materassi sfondati in cui, 3 amici ed io, trovammo rifugio a tarda notte nella provincia dell’Arizona durante un viaggio in giro per le Riserve Indiane.

… ma spesso la brava ragazza della porta accanto nasconde incofessabili segreti

Piuttosto che dormire in macchiana preferimmo optare per un letto matrimoniale da dividere in 4 ma quella notte nessuno di noi si tolse i vestiti e nessuno di noi alzò coperte o lenzuola e non per problemi di intimità interpersonale o sciocco bigottismo ma per frapporre quante più barriere possibili tra la nostra pelle e quell’inquietante materasso.
Forse quella notte di tanti anni fa, scopro oggi, mi ha traumatizzata inconsapevolemente! Forse avremmo dovuto optare per i sedili della macchina!

E mentre psicanalizzo me stessa una voce maschile al mio lato dall’alto mi desta dal mio stato di trance:

“Se stai cercando una camera ne ho una io da offrirti a casa mia …”

Mi giro d’istinto alzo lo sguardo e, senza proferire parola, accenno un tirato sorriso al signore di mezza età, panciuto, con il capello impomatato, probabilmente caduto in una vasca da bagno piena di una vecchia colonia scadente prima di salire sul mio autobus ‘panoramico’ che in un moto di estrema generosità, dopo avere con molta discrezione buttato un occhio sul mio cellulare, mi aveva appena offerto ospitalità a casa sua.

In un istante copro velocemente il cellulare con la mano e realizzo l’enormità del mio errore! Ormai sono spacciata!
Ebbene sì, non ne uscirò più neppure cancellando la cronologia!
Se mi dovesse succedere qualcosa, se dovessi perdere la memoria e non tornare a casa, se dovessi scendere alla fermata sbagliata, se mi rapissero per sbaglio al posto di una ereditiera hippie e nulla più si sapesse di me ma trovassero il mio cellulare perso mentre mi divincolo eroicamente in una collutazione prima di essere sedata con il cloroformio, l’ultima cosa che rimarebbe di me sarebbe:

“Ci risulta che nell’ultimo accesso dal cellulare aveva effettuato una ricerca per ‘Affittacamere Le Rose’.
Cosa doveva andare a fare lì?
Chi avrebbe dovuto incontrare?
I proprietari negano di averla mai vista.
Avrà optato per un altro ‘affittacamere’?
Ci rivolgiamo a tutti gli ‘affittacamere’: se la vedete avvisateci … la ragazza sembrava avere una vita complicata ma limpida, lontana da ogni perversione, dall’alcol e dalla droga ma spesso la brava ragazza della porta accanto nasconde incofessabili segreti che magari ne hanno minato pesantemente l’equilibrio mentale …”

Come, ad esempio, una torbida notte al Cactus Hotel!

Autore: facciofintadiniente

"semel in anno licet insanire"

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